giovedì 28 febbraio 2008

Petrolio, così la speculazione affonda la nostra economia

Se qualcuno ancora non l'aveva capito...
da la Repubblica di oggi.

Il 20% del caro-greggio provocato dai giochi dei broker
E tra loro c'è chi punta al barile a duecento dollari

di Maurizio Ricci

ROMA - Il petrolio sfonda i 100 dollari al barile e, sul banco degli accusati per questa corsa infinita, sale, dopo i petrolieri troppo avidi e i consumatori troppo voraci, un'altra categoria di colpevoli: gli uomini della finanza selvaggia, gli stessi che ci hanno regalato la crisi del credito esplosa questa estate. In realtà, l'aumento del prezzo del greggio non è frutto solo della speculazione finanziaria, ma la speculazione finanziaria vi gioca un ruolo di primo piano.

Da anni, ormai, hedge funds, finanziarie, banche d'investimento hanno scoperto quelli che, una volta, erano i sonnacchiosi mercati delle materie prime. All'inizio della scorsa estate, i soldi investiti in questi mercati da attori che nulla hanno a che fare con la loro lavorazione e vendita, erano pari ad oltre 100 miliardi di dollari, concentrati, almeno per la metà, sulla regina delle materie prime: il petrolio.

Da allora, il torrente è diventato un fiume: di fronte al collasso del ricco mercato dei derivati e alle difficoltà delle Borse, la finanza d'assalto si è riversata in massa, a caccia di guadagni facili, sui listini del greggio, del grano, dei metalli, come mostrano le impennate dei prezzi di queste settimane. Pronta a qualsiasi scommessa, almeno sulla carta. L'ipotesi del greggio a 200 dollari al barile è, ad esempio, piuttosto remota. A novembre c'erano in atto 500 contratti di opzione, che davano cioè diritto a comprare greggio a quel prezzo il mese successivo. A gennaio, le opzioni per il greggio a 200 dollari erano diventate oltre 5.500.

Speculare sul greggio è più facile e meno costoso che speculare sulle azioni. Quelle opzioni per il greggio a 200 dollari, costavano 30 centesimi al barile. Se poi il greggio, come è avvenuto, non raggiunge quel prezzo, si possono buttare nel cestino, senza altri costi o obblighi di comprare. Anche il future, che è un contratto dove c'è un effettivo impegno a comprare, è più economico, nel mondo delle commodities. Per avere 100 mila dollari di azioni a Wall Street è necessario mettere sul piatto 50 mila dollari in contanti o simili, il cosiddetto margine. Per comprare a termine - appunto il future - 100 mila dollari di greggio, basta anticiparne 5 mila ed essere pronti a rivendere il diritto a quel greggio il giorno successivo. E praticamente nessuno degli attori di questo mercato vedrà mai un barile.

Ognuno di questi strumenti finanziari ha una sua logica. Le opzioni sono, in realtà, una forma di assicurazione contro il rischio di una imprevista impennata o crollo dei prezzi. I futures servono a rendere più liquido il mercato e ad aumentare il numero dei partecipanti. Ma i guadagni che si realizzano sfruttando le oscillazioni dei listini e le aspettative che queste determinano sul prezzo finale arroventano i mercati.

Il punto chiave è che la speculazione può esercitare questo impatto sui prezzi, perché sotto c'è uno squilibrio effettivo fra domanda e offerta. Il presidente dell'Unione petrolifera, Pasquale De Vita, in sintonia con i paesi produttori dell'Opec, ha stimato che la speculazione pesi per il 20% sul prezzo del greggio. Ammesso che la stima sia attendibile, questo significherebbe che, senza speculazione, il greggio sarebbe, comunque, a 80 dollari al barile, quasi il triplo di tre anni fa. Dietro questa impennata, ci sono motivi noti: l'imprevisto boom di domanda di paesi come la Cina, il rarefarsi di scoperte significative di nuovi giacimenti.

Ma anche due fattori relativamente recenti. Il primo è il crollo del dollaro e l'ascesa dell'euro. Il greggio viene tradizionalmente quotato in dollari. Dunque, dalle loro esportazioni di greggio, i paesi produttori incassano dollari. Ma, in particolare i paesi arabi, importano soprattutto dall'Europa e pagano, perciò in euro che, negli ultimi tre anni, si è apprezzato del 50% sul dollaro. Un economista di Oxford, Brad Setser calcola che i paesi arabi abbiano bisogno del greggio ad almeno 50 dollari al barile, solo per mantenere inalterato il loro livello di importazioni e di investimenti.

Il secondo è la rottura di un cruciale meccanismo regolatore della domanda. Fino a pochi anni fa, l'aumento del prezzo del petrolio determinava una contrazione dell'attività economica e della domanda di greggio nei principali consumatori, i paesi industrializzati. Questo è puntualmente avvenuto, nel 2006 e nel 2007, nei paesi industrializzati. Ma la domanda globale di petrolio è aumentata lo stesso. Perché un nuovo grande consumatore come la Cina ha continuato a marciare a ritmi record. E perché, come sottolinea l'economista canadese Jeff Rubin, c'è un nuovo gruppo di consumatori, insensibili al prezzo: i paesi del Golfo Persico, più Russia e Messico, in sostanza, i grandi paesi produttori. Non basta più una recessione americana o europea per fermare la corsa del petrolio.

(28 febbraio 2008)

giovedì 21 febbraio 2008

La garrota

Chi di voi ricorda la garrota? Era un efficiente strumento per eseguire le condanne a morte, utilizzato in Spagna, fino alla fine del regime franchista.
Questo strumento aveva una particolarità, veramente atroce. Il meccanismo stringeva lentamente, lentamente, il collo del condannato, fino a fargli uscire gli occhi di fuori.
La medesima tecnica viene applicata da alcuni anni in Europa. Ma non più in Spagna. In Italia. Le famiglie subiscono un lento ma costante strangolamento economico, completamente negato da qualsiasi istituto economico.
Il meccanismo che ha innescato questa stretta si chiama liberismo. Ma non il liberismo virtuoso di Keynes, ma il liberismo d'accatto all'italiana.
Ogni liberalizzazione che si è compiuta sul suolo italico si è tramutata un una garrota. Liberalizzate le assicurazioni: il prezzo delle stesse è cresciuto in modo esponenziale, senza alcun freno, nè multa da parte di alcun ente. E l'assicurazione dell'auto è obbligatoria.
Liberalizzato il prezzo della benzina: il prezzo cresce senza freni da qualche anno, arrivando a diventare il più caro d'Europa.
Liberalizzato il prezzo degli affitti, abolendo l'equo canone: il prezzo degli affitti è alle stelle e nessun abitante delle città è più in grado di andare in affitto senza rinunciare a quasi tutte le proprie entrate mensili.
Liberalizzate le tariffe telefoniche: cresciute in maniera vorticosa.
Liberalizzato il mercato del lavoro: scomparsa quasi totale dei contratti a tempo indeterminato, sostituiti dai vari contratti a progetto, a tempo, ecc.
Il nuovo miracolo italiano si chiama accordo di cartello. Le aziende che dovrebbero farsi concorrenza in modo da garantire migliori servizi a costi ridotti si mettono attorno ad un tavolo e si dicono "Qui dobbiamo mangiare tutti. Che prezzo facciamo?"
E poi, senza neanche più incontrarsi, fanno a gara a chi aumenta di più.
Quello che in qualsiasi altro paese occidentale è impossibile, grazie alle poderose normative antitrust, in Italia diventa facile come rubare in Chiesa.
A questo poi aggiungiamo anche il sistema bancario più vessatorio di tutto l'occidente, nel quale da qualche tempo arrivano anche le banche europee.
Finalmente, direte voi. Finalmente, direi io, se non fosse che le banche europee, in Italia, applicano la legge della garrota. Si adeguano cioè al mercato, facendo pagare le medesime commissioni e applicando i medesimi tassi.
Mi dispiace, finchè il liberismo che ci è dato di conoscere avrà questa faccia, preferisco il comunismo e le nazionalizzazioni.
Almeno non c'è nessuno che ti rapina in modo legale.
Ah, tra poco si vota.
Pensateci.

sabato 16 febbraio 2008

Il più grande statista del secolo

Il più grande statista del secolo. Qualcuno ricorda chi disse questa frase? E quale emerita personalità sarebbe dovuta fregiarsi di questo titolo?
Parliamo ovviamente del secolo scorso. Sembra passato un millennio. Ma non una cifra su una data. Mille anni. Trecentosessantacinquemila giorni. Eppure, Gianfranco Fini, un giorno definì con questo titolo Benito Mussolini.
Il più grande statista del secolo. Colui il quale ha distrutto la fragile democrazia italiana, instaurando una feroce dittatura. Colui il quale ha stretto un patto di potere con un altro grande statista, Adolf Hitler. Colui il quale ha promulgato e applicato le leggi razziali, contribuendo al più grande genocidio della storia della razza umana. Colui il quale ha infine dichiarato guerra a mezzo mondo, mandando centinaia di migliaia di italiani a morire in Russia, in Africa, in Grecia, in Albania.
Se pensiamo a questa frase, detta nel 1994 in un intervista a la Stampa e successivamente rinnegata, viene da chiedersi chi sia il modello attuale a cui si ispira Gianfranco Fini. Berlusconi? Suvvia, Gianfranco.
Una camicia nera che si dovesse affacciare oggi sul proscenio italico cosa troverebbe di simile tra Mussolini ed il nano? Uno era orgogliosamente calvo, l’altro è pietosamente attaccato ad un simulacro di capigliatura. Uno coltivava l’idea di un impero che emulasse l’antico impero Romano, l’altro coltiva l’idea che tutto sia suo e che, nella malaugurata ipotesi che non lo sia, lo debba diventare a tutti i costi.
Però, a guardare bene, delle cose che li rendono simili ci sono. Lo stesso culto della personalità. La stessa pretesa di obbedienza da parte di tutti gli altri. Lo stesso odio razziale, uno per gli ebrei, l’altro per gli islamici.
Berlusconi è un vero fascista. Più di Fini. Più di Storace. Alla fine tutto torna. Bravo Gianfranco.
Ho solo un dubbio. Visto che sei così bravo, me lo puoi togliere tu.
Ho degli amici, tanti, che hanno sempre votato Alleanza Nazionale. Quando gli dicevo che Berlusconi era uno zozzo, che si faceva solo i cazzi suoi, rispondevano che anche a loro Berlusconi faceva schifo. Per questo votavano Alleanza Nazionale e non Forza Italia. Tutta un’altra cosa.
Come faccio a spiegargli ora che Fini e Berlusconi stanno nello stesso partito? E che Berlusconi è il capo di Fini? Non che prima non lo fosse, ma almeno le loro coscienze erano pulite. Votavano AN.
Per non parlare di quelle amministrazioni locali governate da AN, dove quelli di Forza Italia venivano fatti arrestare senza pietà. Come faranno ora a sedere fianco a fianco? Si saluteranno?
Ciao, maestro delle giravolte.

mercoledì 13 febbraio 2008

La crudeltà dell'ideologia

Italia, febbraio 2008.
Un buon esempio sullo stato della nostra civiltà in questo disastrato paese è l'irruzione in un ospedale partenopeo di un gruppo di agenti di polizia, inviati da un magistrato ad interrompere quello che era stato annunciato come un aborto fuorilegge. Il magistrato è stato avvisato da una telefonata anonima.
Quello che segue, meglio di qualsiasi altro commento, descrive il mio stato d'animo al riguardo.

da la Repubblica del 13/02/2008

La crudeltà dell'ideologia

di FRANCESCO MERLO



Cosa avrebbero fatto i sette agenti di polizia se in quell'ospedale di Napoli fossero arrivati durante l'operazione e non subito dopo? Avrebbero rimesso il feto dentro la donna? "Fermi tutti, in nome della legge: controabortisca o sparo!".

Davvero la polizia che a Napoli irrompe in sala operatoria e sequestra un feto malformato è roba da teatro del grottesco e della crudeltà, da dramma di Artaud. Sembra un episodio inventato per dimostrare la stupidità dei fanatici della vita ad oltranza, per far vedere a quale ferocia si può arrivare in nome di un principio nobile e astratto ridotto ad ossessione e sventolato come un'ideologia, persino elettorale.

È difficile anche ragionare dinanzi a questa violenza che è stata commessa a Napoli. Una violenza contro la legge, innanzitutto, perché l'aborto era terapeutico e quindi legittimo, nel pieno rispetto della 194. Anche se va detto forte e chiaro che l'oscenità dell'irruzione non sarebbe cambiata di molto se quell'aborto fosse stato ai limiti della legge o persino fuorilegge, come si era arrogato il diritto di credere il giudice napoletano, informato - nientemeno! - da una telefonata anonima.

Ed ecco la domanda che giriamo ai lettori: perché un giudice, che ha studiato il Diritto laico e che sa che la giustizia mai dovrebbe muoversi in base ad una qualsiasi convinzione religiosa; perché un giudice che si è formato in un'Italia civile e tollerante non capisce che ci sono ambiti delicatissimi nei quali comunque non si interviene con i blitz, con le sirene, con le manette e con le pistole? Amareggia e addolora che questo signor giudice di Napoli si sia comportato come il burocrate di quella ferocia ideologica che si sta diffondendo in Italia su temi sensibili - e l'aborto è fra questi - che invece richiedono silenzio, rispetto, solidarietà. È come se un diavolo collettivo, un diavolo arrogante che presume di incarnare la morale pubblica, avesse spinto giudice e poliziotti a trattare un'intera struttura ospedaliera - dagli amministratori ai medici, dagli anestesisti agli infermieri - come un covo sordido di mammane abortiste.

Solo il fanatismo, che come sempre nasce da un'intenzione apparentemente buona, può fare credere che i medici di Napoli non siano persone per bene ma stregoni sadici, allegri assassini di nascituri. Il signor giudice, mandando la polizia in sala operatoria, ha trasformato un luogo di lenimento della sofferenza in un quadro di Bosch. E alla fine invece di mostrare il presunto orrore della professione medica, ha mostrato tutta l'asfissia di un'altra professione, della sua professione.

Quante telefonate anonime riceve un giudice a Napoli? Davvero ad ogni telefonata ordina un blitz in tempo reale? E come ha misurato l'urgenza dell'intervento? E quali rei stava cercando? La mamma? Il papà? I medici e gli anestesisti? Cosa voleva mettere sotto sequestro preventivo: l'utero di quella donna? Adesso, a quella signora che, appena uscita dalla sala operatoria, è stata sottoposta ad un incredibile interrogatorio, bisognerebbe che lo Stato chiedesse scusa. L'hanno trattata come un'omicida, come una snaturata che si vuole sbarazzare di un feto alla ventunesima settimana. Hanno inventato per lei il reato di feticidio, hanno applicato contro di lei il loro stupido estremismo che inutilmente vorrebbe deformare e deturpare il buon cattolicesimo italiano in schemi da sermoneggiatori fondamentalisti, con tutto questo parlare di Dio e dividersi su Dio.

La polizia non ha sorpreso una gang di infanticidi ma una donna provata da un terribile dramma personale, costretta ad abortire per non mettere al mondo, nel migliore dei casi, un infelice menomato. Per questa signora come per tutti gli italiani, di destra e di sinistra, l'aborto è, qualche volta, una disgrazia necessaria. Perché il diritto all'aborto, in questo caso terapeutico, risponde sempre e comunque a una legislazione d'eccezione. Speriamo dunque che serva questo orribile episodio di Napoli a mostrare tutta la miseria di un'idea che attribuisce alla sinistra di questo infelice paese la voglia matta di abortire e alla destra invece la difesa della vita. Non è così. Non ci sono in Italia da un lato gli abortisti che ballano attorno ai feti e dall'altro gli antiabortisti che si organizzano in squadre di polizia. In questo paese per tutti, e anche per la legge, l'aborto è sempre una tragedia.

Ecco perché, prima che il clima diventi infernale, ci permettiamo una volta tanto nella vita di esser d'accordo con Silvio Berlusconi che ha sconsigliato a Giuliano Ferrara di presentare una lista elettorale "per la vita". C'è forse in Italia qualcuno "per la morte"?
Berlusconi ha aggiunto ieri che secondo lui il dibattito sull'aborto andrebbe tenuto lontano dalla campagna elettorale. Ha ragione. E non perché il dibattito non meriti l'attenzione e il rispetto che anche Ferrara merita.

È stato Ferrara a dichiarare al "Corriere" che mai egli vorrebbe incriminare una donna che ha abortito, e che non è a cambiare la legge 194 che aspira con la sua battaglia. Chi allora, secondo lui, ha armato di ferocia l'interventismo del giudice e dei poliziotti di Napoli? Si sa che i cattolici sostengono che la vita va protetta sin dal concepimento, col risultato estremo di giudicare ogni aborto come una violazione del quinto comandamento. I protestanti invece considerano la nascita come la soglia decisiva senza tuttavia negare che la morte del feto sia un danno per i genitori. Per gli ebrei lo statuto del feto è una questione controversa perché un feto nel ventre della madre è un progetto di vita in corso d'opera. Per i musulmani il feto diventa un persona umana a quattro mesi dal concepimento anche se si tratta di "una persona umana allo stato vegetativo".

Come si vede - e ci scusiamo per il necessario schematismo - le religioni si dividono. E anche la scienza si divide. Ma nessuno stato laico, nessun legislatore laico può risolvere per legge questa disputa e nessuna sentenza di qualche Cassazione può fissare il momento in cui il nascituro diventa un individuo da proteggere giuridicamente. Senza arroganza dunque lo stato laico ha stabilito quel giorno e quell'ora nell'atto di nascita. Prima, il feto e la donna che lo porta in grembo vengono tutelate da un legge che, per quanto carente, è una buona legge, che ha fatto progressivamente diminuire il numero degli aborti, ha insegnato alle italiane che il diritto all'aborto è una drammatica conquista, un'angosciosa soluzione d'eccezione, e che la destra e la sinistra per una volta non c'entrano nulla.

(13 febbraio 2008)

venerdì 1 febbraio 2008

Il voto anticipato regala 300 milioni ai partiti

In un post precedente ci eravamo chiesti quanti soldi ci costasse un'altra elezione anticipata. Leggendo qua e là, abbiamo scoperto quanto ci guadagnano i partiti, solo per il fatto di andare alle elezioni anticipatamente.
Da la Repubblica, 1 Febbraio 2008

ROMA - Sciogliere adesso le Camere e andare a votare significa regalare 300 milioni di euro ai partiti, cento milioni all'anno per i prossimi tre anni, fino al 2011, scadenza naturale della XV legislatura. Viene in mente "Lascia o raddoppia?", il gioco a quiz con cui gli italiani cominciarono a vincere soldi in tv nella seconda metà degli anni Cinquanta. Solo che stavolta i beneficiari sono i partiti e chi ci rimette è lo Stato, cioè i cittadini.

Il gioco, se così si può chiamare, è molto semplice: ogni anno i partiti si dividono, a seconda dei voti che hanno ricevuto, una torta di circa 50 milioni di euro che vanno sotto la voce rimborsi elettorali. Cinquanta milioni per ognuno dei cinque anni di legislatura. Una volta, secondo logica, se la legislatura finiva il rimborso veniva interrotto per lasciare il posto a quello nuovo che comunque sarebbe arrivato.

Invece nel febbraio 2006, ancora in sella il governo Berlusconi, interviene una piccolissima modifica che garantisce "l'erogazione del rimborso elettorale anche in caso di scioglimento delle Camere". Significa che i partiti rappresentati nel prossimo Parlamento - molti dei quali assolutamente identici - prenderanno due volte il rimborso elettorale. Succederà sicuramente a Forza Italia e al Pd che sommerà i rimborsi "vecchi" dell'Ulivo e quelli "nuovi" del Partito democratico. Forse anche in questo banalissimo calcolo di cassa sta una delle ragioni della volontà di tornare al voto. Votare conviene.

Da 800 lire a 1 euro. La "guida" in questo viaggio nello spreco è Silvana Mura, deputata dell'Italia dei Valori e tesoriera del partito che per ben due volte, nella Finanziaria votata nel dicembre 2006 e in quella approvata a dicembre scorso, ha provato a cambiare le cose. Rimbalzando nel muro di gomma degli stessi partiti. Mani pulite e il successivo referendum avevano abolito nel 1993 il finanziamento pubblico ai partiti che nel 1999 rispunta fuori sotto la dizione "rimborso elettorale". Fin qui niente di strano. Anzi, civilmente corretto visto che i partiti sono al servizio dei cittadini ed è giusto che abbiamo un rimborso per le loro spese.
 

Il rimborso viene quantificato in 800 lire per ogni voto ogni anno. L'arrivo dell'euro fa raddoppiare i prezzi di frutta e pane ma anche il rimborso ai partiti che nel 2002 - governo Berlusconi - da 800 lire passa a 1 euro tondo per ogni voto. Nessuno dice niente. I rimborsi scattano per le elezioni europee, Camera e Senato e regionali. Con i ritmi elettorali che ci sono in Italia praticamente è un rimborso continuo che puntuale compare ogni anno nei bilanci di Camera e Senato.

Doppio scandalo. Gli "scandali", così li chiama l'onorevole Mura, in questa pratica tutta italiana sono almeno due. Il primo: "Il fondo dei rimborsi elettorali è una cifra fissa calcolata non in base a chi va effettivamente alle urne ma sul numero degli aventi diritto". Uno spreco nello spreco che vale qualche milione di euro. Il fondo annuale, tanto per la Camera tanto per il Senato, è pari a 49 milioni e 964 mila 574 euro. Ma il numero delle persone che vota non corrisponde mai agli aventi diritto e il numero degli aventi diritto per il Senato è inferiore a quello della Camera. Qualche esempio. Nel 2006 per la Camera ha votato l'83% degli aventi diritto. Se il rimborso fosse reale, cioè solo per chi ha votato, sarebbe stato pari a 41 milioni e 789 mila euro, "un risparmio", secondo i conti di Silvana Mura, di "otto milioni di euro all'anno". Per il Senato ha votato il 76% degli aventi diritto, pari a 38 milioni di euro circa con un risparmio di 11 milioni all'anno.

Il secondo scandalo. E' quello che scatta nel caso di scioglimento anticipato delle camere. Fino al 2006 il rimborso veniva interrotto se si andava al voto. Più che logico visto che con la nuova legislatura scatta quello nuovo. Nel febbraio 2006, secondo governo Berlusconi, la norma viene così modificata: "In caso di scioglimento della Camere l'erogazione del rimborso è comunque effettuata". Una riga che vale qualche centinaia di milioni di euro. "Abbiamo provato - spiega Silvana Mura - a cambiare e a sostituire la parola "effettuata" con "interrotta" ma non ci siamo riusciti". E' impossibile perché il credito è vincolato. Come se uno accendesse un mutuo su quel rimborso: poi non puoi più rinunciarci perché vincolato.

Così vanno le cose. "Una generosa liquidazione dovuta a una norma scandalosa che incentiva la fine anticipata della legislatura" dice Silvana Mura. Che accusa: "I partiti hanno trovato il modo di guadagnare anche sulle crisi di governo".

Il resoconto della Gazzetta Ufficiale documenta che Forza Italia prenderà comunque 12 milioni l'anno fino al 2011 oltre a quelli che incasserà per il rimborso della XVI legislatura, la prossima. L'Ulivo ne prenderà circa 16 a cui potrà aggiungere i milioni che riceverà il neonato Pd. Chissà se nelle consultazioni si è parlato di questo inedito "Lascia o raddoppia?".

(1 febbraio 2008)