24 Gennaio 2008, ore 21.00. La lenta agonia del governo Prodi si conclude. Quello che una parte del popolo italiano chiedeva (la minoranza) e quello che il resto del popolo temeva (la maggioranza) è successo.
Questa fase della politica italiana è iniziata nel 2006. Sembra passata una settimana. Eppure, nei primi tre mesi di quell’anno si è compiuto quello che tecnicamente era la preparazione per un colpo di stato. Una legge elettorale studiata scientificamente, con un meccanismo che garantisce con certezza matematica l’ingovernabilità viene varata dal governo di centro-destra, con a capo Silvio Berlusconi. Questa legge elettorale viene varata con i soli voti della maggioranza di centro-destra, e sarà disconosciuta subito dopo da alcuni esponenti, che la definiranno “una porcata” (Calderoli, Lega Nord).
C’è addirittura un momento, durante lo spoglio elettorale, che dal Ministero degli Interni smettono misteriosamente di arrivare i dati relativi allo scrutinio. Quando i dati ricominciano ad arrivare, il recupero del centro-destra è prodigioso. Il distacco finale tra le due coalizioni è minimo.
In parlamento, dopo le elezioni, si presentano una pletora di partiti e partitini. Molti parlamentari sono inquisiti. Una cosa che in qualsiasi paese del mondo sarebbe uno sbarramento insormontabile ad una carica di governo locale, per il nostro paese è una cosa normale. Quasi come chi ha il compito di fare le leggi debba necessariamente ave sperimentato anche come violarle.
La maggioranza schiacciante di questi parlamentari è nel centro-destra. E non è un caso.
E pensare che a chi viene assunto in molte aziende italiane, oggi, nel 2008, molte volte viene chiesto il certificato dei carichi pendenti. C’è ancora qualcuno in questo paese che ritiene la moralità un valore e non un accessorio.
Inizia uno stillicidio di minacce, ricatti, tentativi di spallate che cercano di fare cadere il governo in carica. Romano Prodi mostra delle doti politiche fuori dal comune, tenendo assieme una maggioranza eterogenea, fatta di sinistra antagonista e liberali di destra.
Finchè il potere più forte di tutti si fa sentire, e dà il primo scossone al governo Prodi. Al Senato, dove i numeri sono sempre in bilico, arriva una telefonata al senatore Andreotti.
La votazione seguente la maggioranza non c’è più. Prodi va al Quirinale, rassegna le dimissioni.
Gli viene riaffidato l’incarico e viene varato un nuovo governo. Il programma faticosamente scritto attraverso un lavoro certosino sparisce, lasciando spazio ad una misera lista in dodici punti.
Se qualcuno avesse ancora qualche dubbio su chi tiene la maggioranza sulla graticola, basta vedere questa lista e contare le cose che non ci sono più. Non ci sono più i P.A.C.S., non c’è più il progetto di revisione della legge sulla fecondazione assistita.
C’è un esecutore. E c’è anche un mandante.
Prodi affamatore, il governo aumenta le tasse e strozza gli italiani. Gli slogan televisivi del Padrone dell’Etere contro il governo si sprecano. Le tasse ovviamente aumentano solo per chi non le paga, i lavoratori autonomi. Chi le paga da sempre, neanche se ne accorge.
Le intercettazioni telefoniche, nel frattempo, ci raccontano un mondo. Ci raccontano che tutti i politici, di destra e di sinistra hanno i loro traffici. Ma il Padrone è sempre il Padrone.
Tenta di far cadere il governo, raccomandando ad un alto dirigente Rai una soubrette, amica di un tal senatore, che avrebbe potuto a quel punto votare contro il governo. La Repubblica delle soubrette.
Il braccio armato della C.E.I. comincia a muoversi. Si richede da oltretevere l’abolizione della legge 194, che regolamenta l’aborto. Una grande conquista civile di questo paese, frutto di una lotta dilaniante nei primi anni settanta.
L’Elefantino accosta il boia alle donne che abortiscono, chiedendo la moratoria sull’aborto. Il governo Prodi ricomincia a parlare dei D.I.C.O., una versione addolcita dei vecchi P.A.C.S. Bisogna farlo cadere. Bisogna mettere in moto i meccanismi giusti.
Arriva un ometto, a sistemare le cose. Il Ministro senza semi. Un uomo che, forte dei suoi cinquecentomila voti, raccolti nel suo feudo di Ceppaloni, minaccia da due anni il governo. L’uomo dei grandi valori cristiani della famiglia, la lunga mano della Chiesa all’interno del governo.
Arriva anche il pretesto. Un magistrato lo inquisisce, assieme alla moglie. Lui si dimette.
Stasera, l’epilogo. Uno dei suoi sgherri tenta di aggredire un senatore che vota a favore del governo, rifiutando di obbedire all’ordine di scuderia di far cadere il governo.
Se ce ne fosse stato ancora bisogno, sua moglie mette la firma sotto alla vicenda. “Ce l’hanno con noi perché siamo cattolici”.
Inizia il conto alla rovescia per il ritorno del Padrone dell’Etere al potere. Niente più legge per il riassetto del settore delle Telecomunicazioni. Niente più legge sul conflitto di interessi. Niente di niente. Chi comanda comaderà. I Vespa rimarrano in televisione. I Santoro spariranno. Biagi ce lo avevano già tolto. Luttazzi pure.
L’Italia resta nel terzo mondo dei servizi, del lavoro, della scuola, dell’informazione, delle strutture sociali. Con una differenza. I Paesi del Terzo mondo hanno una speranza per crescere e diventare qualcosa di diverso.
L’Italia no.
Stiamo diventando vecchi, aspettando che le cose migliorino. La discesa è diventata inarrestabile.
Qualche cosa che non va, in un paese in cui mille euro sono l’entrata mensile della maggioranza delle famiglie italiane e contemporaneamente la cifra spesa in una sera da molte altre persone, ci dovrà pure essere.
Questa volta, il Padrone dell’Etere seguirà il consiglio del suo più fedele amico di sempre, Cesarone.
Non farà prigionieri.
giovedì 24 gennaio 2008
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